Biografia

E’ il 17 luglio 1895 quando nasce a Piacenza Oswaldo Barbieri.
Già da adolescente comincia a percepire un intimo impulso verso la creatività e l’invenzione che però esige la necessità di essere plasmato e definito. Per questo si iscrive all’istituto d’Arte Gazzola all’età di sedici anni. Il compito di comprendere l’estro di questo scarmigliato giovanotto spetta nientemeno che a Francesco Ghittoni. Gli studi di Bot lo porteranno poi a Milano dove studierà ornato alla Società Umanitaria e, sembrerebbe, anche alla Brera. L’animo vivace da artista di Bot non faceva di lui un individuo perso in meandri filosofici ed intelletualistici, al contrario il Terribile amava la concretezza: in occasione della I Guerra Mondiale decide di agire in prima persona arruolandosi da volontario nell’esercito. In battaglia verrà persino ferito.
Nel 1920 si trasferisce a Genova dove, mettendo al primo posto la propria voglia di sperimentare e creare, si mantiene con i primi lavori che trova, dal verniciatore allo scaricatore di porto. E’ proprio in terra ligure che Bot tenta di presentarsi al pubblico per la prima volta aggregandosi a mostre collettive; ma non è ancora il Terribile, innovativo e spiazzante, che sarà tra un po’, e le sue opere finiscono con l’essere arte in mezzo ad altra arte.
Nel 1925, torna nella sua Piacenza, a Pontedellolio, dove conosce Enrica Pagani la donna che sarebbe diventata la sua musa ispiratrice, nonché sua moglie; infatti nel 1926 la sposa in terra ligure per poi rientrare definitivamente a Piacenza: il suo concentrarsi sull’arte con tutta l’anima e con tutto il corpo lo spinge a trascurare qualsiasi lavoro o occupazione e presto comincia ad incontrare le prime difficoltà.
Nel 1928 allestisce una mostra agli Amici dell’Arte, ma ancora una volta è presto: i suoi quadri sono paesaggi, ortodossi e canonici, tradizionali…di nuovo, non è ancora il Terribile. Ma lo sarà a breve. Nell’Ottobre dello stesso anno conosce il secondo Futurismo, attratto da menti come quella di Depero, Fillia, Prampolini. La corrente cresce con l’avanzare dell’ideologia Fascista permettendo a Bot di scoprire una innovativa linfa vitale di creatività e ispirazione di cui certamente sentiva il bisogno unendo le nuove influenze, geniali ed eccitanti, al suo amore per la patria che già si era rivelato nella I Guerra Mondiale: non è un caso che una delle prime opere del Bot Futurista a riscuotere successo fu il ritratto futurista del Duce. Comincia un’intensa produzione fatta di libretti e sfumografie che si interromperà solo nel 1947.
Il Terribile è finalmente nato: il battesimo è tenuto da Filippo Tommaso Marinetti che benedice la ricerca artistica di Bot con parole di sincera ammirazione. Iniziano importanti esposizioni: alla Galleria Pesaro a Milano, una delle più prestigiose dell’epoca, alla Biennale di Venezia nel 1930 e nel 1932, a Parigi, Monaco di Baviera, Atene. Nel 1929 fonda a Piacenza la Centrale del Futurismo, nel 1930 la Fionda. La vivacità di Bot è esplosiva: l’artista si muove, sperimenta, prova, crea, distrugge e crea di nuovo, arrivando al punto da far storcere il naso al Marinetti che prima non risparmiava parole di stima nei suoi confronti. Il Futurismo di Bot infatti è personalissimo: se per i puristi e creatori del Futurismo il “passato”, inteso in senso generico, era da rifiutare a vantaggio del “futuro”, della novità e dell’innovazione, per Bot il concetto futurista stava nel modo di “fare arte”: Bot creava opere passatiste alternativamente ad opere futuriste, di questo lo accusava Marinetti; ma proprio in questo sconcertante abbinare gli opposti consisteva il Futurismo di Bot. Marinetti lo voleva futurista nei soggetti, Bot lo era nell’atto di crearli. La rottura tra i due è definitiva nel 1934. Ma la carriera da artista di Bot non ne viene frenata: chiamato da Italo Balbo, a cui aveva dedicato anche un’opera, Aeroritratto di S.E. Balbo, parte per la Libia.
In Africa la sua ispirazione subisce un’ulteriore shock: l’atmosfera primitiva, semplice, a tratti selvaggia, lontanissima dall’Occidente lo rende una persona diversa, dotata di punti di vista, idee, immagini mentali del tutto nuove. Arriva al punto di crearsi un alter ego africano, tale Naham Ben Abiladi, con il quale nel 1935 dipingerà e parteciperà a mostre, nascondendo la sua vera identità e spacciandolo per un artista conosciuto nel continente nero. Nel 1934 è attivo a Piacenza dove decora il salone del Municipio di Carpaneto, all’interno del quale dipingerà anche lo scalone nel 1937. Nel 1938 Bot ha praticamente sperimentato ogni sentiero che il Futurismo poteva offrire: aeropittura, psicografia, sferopittura ecc… Stanco abbandona il movimento, ufficialmente perché troppo materialista, tecnicista, fanatico della macchina. Questo si accompagna ad un’esigenza di riscoprire una dimensione più spirituale. Nel 1940 muore Italo Balbo: Bot è in Africa da 9 mesi e ritorna con molte difficoltà in Italia.
A causa della guerra si ritira in campagna dove nasce un nuovo artista: torna ai paesaggi, ma paesaggi eterei, fatti di case diroccate, figure e nature morte che creano atmosfere in un certo senso astratte. Nel dopoguerra, conosce Lucio Fontana ad Albisola, si avvicina alla ceramica, e addirittura alla poesia. Allestisce mostre e nel 1951 partecipa alla VI Quadriennale di Roma, lavora ad una cappella di Sant’Eufemia a Piacenza e non cessa di sperimentare, sostenendo, negli anni ’50, l’attività degli artisti piacentini come Mosconi, Armodio, Xerra e Foppiani.
Muore nel 1958 in povertà.